PSICOLOGIA - psicologia SOCIALE

 La psicologia sociale

La psicologia sociale è un ambito di ricerca che si è sviluppato dalla prima metà del Novecento, il cui oggetto di studio è l'indagine sui comportamenti degli individui nelle loro interazioni con gli altri e l'influenza dei gruppi sociali, delle istituzioni  e delle culture sulla singola persona. 

Lo psicologo Henri Tajfel indica la psicologia sociale come la disciplina che studia i diversi aspetti dell'interazione tra individui, tra gruppi sociali e all'interno di essi fra gli individui, e i sistemi sociali piccoli o grandi di cui fanno parte. 


I primi manuali di psicologia sociale furono pubblicai nel 1908 negli Stati Uniti: uno a opera dello psicologo inglese Wiliam Mc Dougall, l'altro a opera del sociologo Edward Ross. Si trattava però  ancora di lavori impostati in modo filosofico. Solo successivamente furono pubblicati manuali più rigorosi, fondati sulle teorie del comportamento, che studiano l'agire manifesto dell'individuo tralasciando le ipotesi relative al mondo interno e alle dinamiche inconsce.

Kurt Lewin applicò allo studio delle dinamiche dei gruppi la sua teoria del campo, inteso come un sistema dinamico comprensivo di persona e ambiente reciprocamene interdipendenti.

In Europa la psicologia sociale fece più fatica ad affermarci. L'associazione europea degli psicologi sociali si costituì soltanto negli anni Sessanta. 

Negli ultimi decenni gli attuali metodi di osservazione  e videoregistrazione consentono agli psicologi di registrare fedelmente il comportamento umano nell'ambiente sociale. L'adozione di tecnologie sofisticate ha permesso di studiare  campioni di popolazione su vasta scala; inoltre, sono state elaborate procedure statistiche attraverso cui i ricercatori producono stime sensibili dell'affidabilità o ripetibilità dei loro risultati. 

Ciò significa che un esperimento è valido solo se è affidabile e se è ripetibile. 

La psicologia delle folle

 Dalla seconda metà dell'Ottocento incominciarono a sorgere alcuni interrogativi sulla psicologia collettiva: perché gli individui nella folla manifestavano comportamenti spesso irrazionali, istintivi e agivano come "contagiati" dalla condotta degli altri? 

Lo studioso francese Gustave Le Bon pubblicò nel 1895 Psicologia delle folleun'opera che ebbe vasta risonanza nella cultura dell'epoca. Questa è la prima opera che studia il comportamento delle folle, cercando di individuare le loro caratteristiche e le tecniche utilizzabili per guidarle e controllarle. 

Secondo Le Bon avviene una sorta di contagio e l'individuo agisce come se fosse sotto l'effetto di una suggestione, esasperando le sue emozioni. Per "contagio mentale" si intende quel fenomeno per cui ogni sentimento e ogni azione si diffondono uniformemente a tutti i componenti della folla. 

La suggestionabilità è la tendenza del singolo soggetto a farsi influenzare da ciò che decide la folla. 

Le Bon sottolinea quindi che l'individuo, nella folla, si comporta in modo istintivo, facendo prevalere la sua parte irrazionale su quella razionale. 

Secondo Le Bon è necessario quindi un capo che possa condurre la folla, per orientare queste tendenze istintive.

Nel 1921 Sigmund Freud riprese questi temi in Psicologia delle masse e animali dell'io, sostenendo che per capire il comportamento di una folla sia necessario comprendere il comportamento del singolo.                                                                                                                                                       Si tratta dunque di cogliere i meccanismi inconsci che stanno alla base del comportamento individuale all'interno di una folla più ampia. In una folla lapersonalità del singolo si annulla lasciando spazio alla personalità della massa, che diventa omogena per tutti i componenti. L'uomo acquista una senso di potenza, perchè non è più solo, in quanto la folla garantisce l'anonimato

Nella massa agiscono pulsioni libidiche che, sviate dalle mete sessuali originarie, sono trasferite verso la folla e verso il capo, creando dei legami tra essi. Freud fa ricorso al concetto di identificazione: gli individui nella massa si identificano con gli altri individui rinunciando alla propria autonomia e proiettano le qualità ideali sul capo.                                                                                                            Il comportamento umano nella folla ha dunque la sua origine in elementi inconsci

La psicologia sociale fa una distinzione di significato fra massa e folla. 

Per massa essa intende una vasta collettività nella quale è possibile riscontrare una certa omogeneità di mentalità  e comportamento. La psicologia di massa è il settore della psicologia sociale che si occupa di questi fenomeni. 

La folla è  invece un agglomerato ampio di persone fisicamente presenti in uno stesso luogo; tale agglomerato si può trasformare in un insieme di individui uniti tra loro da medesime emozioni e finalità. 


L'indagine di Le Bon si rivolge a quest'ultima.

Freud usa il termine massa nella sua opera Psicologia delle masse e analisi dell'io, ma in realtà la sua analisi si riferisce alla folla. 

Gabriel Tarde rivolge invece il suo interesse al pubblico, una collettività di individui fisicamente separati che pensano e si comportano in modo simile perchè imitano gli stessi modelli culturali diffusi sui giornali. 

Il sé e l'ambiente

Ognuno di noi sviluppa nel tempo una consapevolezza e una conoscenza di sé. Tale processo avviene attraverso l'osservazione del nostro comportamento e l'autoriflessione; fondamentale è il contatto e il confronto con gli altri.

L'internazionalismo simbolico è la teoria che considera i processi di pensiero fondamentali per l'organizzazione e la strutturazione delle azioni e dei comportamenti dell'individuo. 

L'espressione "interazione simbolica" fu introdotta dallo psicologo statunitense Herbert Blumer per spiegare gli elementi caratterizzanti l'ambiente sociale in cui nasce e cresce il bambino, ovvero simboli e conoscenze condivise che guidano gli adulti attorno a lui. Secondo tale modello, l'uomo è un soggetto attivo capace di promuovere la propria condotta e di scegliere tra diverse alternative di comportamento senza subire passivamente ciò che l'ambiente propone. L'individuo dunque è un prodotto sociale.

 Lo studioso George Herbet Mead rilevò il carattere simbolico delle interazioni: esse avvengono sempre attraverso simboli, i cui significati sono condivisi all'interno del gruppo sociale.




Mead sostiene che l'uomo carichi di significati il proprio ambiente, la propria cultura, i propri oggettigli altri essere umani, e agisca in base a tali significati. La cognizione è connessa all'azione. 

Secondo Mead è possibile organizzare le proprie azioni attraverso il colloquio interiore, cioè l'autointerazione. Il colloquio con se stessi aiuta l'uomo a valutare ogni aspetto della circostanza in cui si trova, a strutturare le proprie azioni, a decidere quali comportamenti mettere in atto. 

Secondo lo studioso il linguaggio che rappresenta il canale di comunicazione con l'ambiente in cui si vive va considerato l'elemento essenziale per la formazione e lo sviluppo del sè. 

Mead definisce il sè come una struttura attiva rispetto all'ambiente, un processo sociale  di autointerazione in cui l'uomo è capace di organizzare le proprie azioni a seconda di come interpreta le situazioni in cui si trova.L'autointerazione è l'attribuzione di significati a persone ed eventi. Anche i gesti sono soggetti a interpretazione. Secondo Mead i gesti interiorizzati sono simboli significativi: il gesto materiale possiede il medesimo significato per chi lo compie e per chi reagisce a esso. il significato di simbolo deriva dalla definizione di gesto. Il sè si costruisce nel tempo e le interazioni con l'ambiente gli danno forma. 

Il sè non è una struttura statica, al contrario, è incontinua evoluzione. 

Il primo stadio di sviluppo del sè si manifesta attorno ai due anni ed è quello della prerappresentazione: il bambino imita il comportamento dell'adulto. 

Il secondo stadio, quello della rappresentazione, è invece significativo poichè il bambino è capace di assumere l'atteggiamento dell'adulto. Mead ritiene questa fase fondamentale per lo sviluppo del sè: assumere il ruolo dell'altro significa infatti vedere se stessi come gli altri ci vedono. 

Il modello teorico dell'interazionismo, nell'analizzare il fenomeno del comportamento dell'uomo nel contesto sociale, si differenzia da altri due paradigmi, quello cognitivista e quello comportamentista.

- Il paradigma cognitivista sottolinea l'influenza che i processi mentali, o cognitivi, come il pensiero, la memoria, l'attenzione e la concentrazione hanno sulla condotta dell'individuo

- Il paradigma comportamentista pone l'accento sull'importanza dell'ambiente e dell'esperienza per il comportamento: le condotte individuali sono viste come prodotto dell'ambiente. 

Le teorie dell'interazionismo simbolico sono state accolte con entusiasmo proprio perchè sottolineano la liberta e la responsabilità dei soggetti. Esse non si baano sull'individuo, ma sui modelli di relazione tra i singoli. L'interazionismo sottolinea l'interdipendenza tra le persone. 

Il comportamentista studia le relazioni tra stimoli osservabili e risposte comportamentali; il cognitivista si interessa ai processi mentali; l'interazionista simbolico si occupa del modo in cui un individuo mette insieme sequenze di azioni. 

Il modo in cui una persona si presenta agli altri, l'immagine che dà di sè, si chiama autopresentazione. Esistono, a livello cognitivo, meccanismi inconsci di autoconservazione, che cercano di mantenere stabile la rappresentazione di se stessi. Alcuni ricercatori hanno scoperto che, quando un individuo si crea una rappresentazione, ovvero uno schema coerente di se stesso, lo utilizzerà per elaborare le informazioni in arrivo. Altri studi hanno indicato che i processi di memorizzazione seguono lo stesso principio. 


Commenti

Post popolari in questo blog

PEDAGOGIA- l'Illuminismo e Empirismo

PEDAGOGIA - Immanuel Kant

INTERVISTA a Carl Jung